Il “tormentato percorso” del reato ex art. 2 D.L. 463/1983

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali ex art. 2 del decreto legge n. 463 /1983

Il percorso giurisprudenziale, approdato financo alla Corte Costituzionale, appare ancor oggi assai tormentato.

Ma andiamo per gradi.

La legge 28 aprile 2014, n. 67 ha conferito delega al Governo per la trasformazione in illecito amministrativo del reato di omesso versamento all’I.N.P.S. delle ritenute previdenziali, purché non ecceda il limite complessivo di 10.000,00 euro annui. (art. 2, comma 2 lettera c))

Pur in attesa della legge delega, pareva possibile procedere ad una interpretazione letterale della norma, la quale, a differenza delle ulteriori previsioni di depenalizzazione ivi contenute, stabiliva in maniera assolutamente chiara la soglia della punibilità penale: se non eccede il limite di € 10.000,00 è illecito amministrativo, se eccede tale soglia è illecito penale.

Nelle more, la Corte Costituzionale (sentenza n° 139 del 19 maggio 2014, depositata in cancelleria il 21 maggio 2014), già  investita della questione relativa all’ “omesso versamento all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) di trattenute sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti − nella parte in cui non prevede una soglia di punibilità, a differenza di quanto stabilito dall’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74” con pedissequa “ lesione del principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.”, dichiarava non fondata la questione di legittimità costituzionale con articolato ragionamento. Rilevata la presenza, tra le altre, di una contestazione di mancato versamento INPS per € 24,00  rappresentava che , “occorre ricordare che questa Corte ha già precisato che resta precipuo dovere del giudice di merito di apprezzare − «alla stregua del generale canone interpretativo offerto dal principio di necessaria offensività della condotta concreta» – se essa, avuto riguardo alla ratio della norma incriminatrice, sia, in concreto, palesemente priva di qualsiasi idoneità lesiva dei beni giuridici tutelati (sentenza n. 333 del 1991). Il legislatore ben potrà, anche per deflazionare la giustizia penale, intervenire per disciplinare organicamente la materia, fermo restando il rispetto del citato”.

Il principio pare chiaro, offrendo, a parere dello scrivente, un salvacondotto che permette di pervenire a sentenza assolutoria in caso di omissioni di modesto importo.

Successive sentenze di merito ritenevano di fatto già depenalizzato il reato in esame, infatti, secondo un primo orientamento, sostenuto dalla Seconda Sezione Penale del Tribunale di Bari, con la sentenza del 16 giugno 2014, n. 1465, “si prevede l’abrogazione della fattispecie criminosa di omesso versamento ritenute INPS, di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni nella l. 11 novembre 1983, n. 638, depenalizzata dalla legge in commento, pur in presenza della legge delega e senza che vi sia stata la promulgazione del decreto legislativo di attuazione”. (conforme Trib. Asti, sentenza n. 3107 del 27 giugno 2014).
Interveniva così la Corte di Cassazione (Cass. pen., sez. fer., n. 38080 del 31.07.2014 depositata il 17.09.2014) ben precisando che “la fattispecie di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è tuttora prevista come reato, non essendo stato emanato alcun decreto legislativo che depenalizzi l’art. 2 d.l. 463/1983”

Preso atto di quanto la Sezione Feriale della Suprema Corte aveva rappresentato, ulteriori sentenze  di merito (Tribunale di Avezzano n. 712 del 24.09.2014 (dep. 16.10.2014), Tribunale di Aosta del 07.11.2014), confermavano la vigenza della normativa,  cogliendo però la motivazione riportata nella sentenza della Corte Costituzionale.  Rappresentavano infatti la “mancanza di offensività in concreto del fatto contestato, con pedissequa assoluzione nel merito perché il fatto non costituisce reato”. Nello specifico il Tribunale abruzzese riteneva tale soglia individuabile nell’importo di € 10.000,00 già indicato dalla legge, mentre il Tribunale di Aosta si pronunciava su di un omesso versamento per € 929,00.

Per converso una recente sentenza del Tribunale di Torino sez. V del 5 novembre 2014, ha statuito che, “non appare rilevante al fine della valutazione dell’offensività in concreto la circostanza che il Parlamento si sia espresso nel senso della irrilevanza penale delle condotte oggi contestate, poiché, come si è detto, in assenza di attuazione della delega legislativa, tale parametro non può ritenersi facente parte del diritto positivo vigente. (…) Perché divenga operativa, la previsione della legge delega necessita infatti della concreta attuazione da parte del governo (…)“.

Pare all’evidenza l’incertezza normativa che sottende la normativa in questione.

In questa dimensione giurisprudenziale, si inserisce una ulteriore sentenza del Tribunale di Rimini (n° 1199/2015 del 18.06.2015 – depositata il 27.08.2015), la quale, nel prendere in esame un mancato versamento di contributi INPS per € 236,00, in accoglimento di quanto richiesto dal sottoscritto difensore di fiducia dell’imputato afferma “la circostanza che l’imputato abbia provveduto a versare le somme a suo carico già due anni prima dell’emissione del decreto di citazione a giudizio, (anche se comunque oltre i termini stabiliti dall’art. 2 comma 1 bis D.L. 463/83) non consente ritenere provata in capo allo stesso la consapevolezza e volontà di omettere il tempestivo versamento degli importi dovuti in relazione ai DM inviati, dovendosi piuttosto ritenere l’omissione frutto di mera disattenzione e negligenza contabile (…) PQM (…) assolve l’imputato dal reato a lui ascritto perché il fatto non costituisce reato”.

Detta interpretazione, certamente condivisibile nel caso di specie, non trova applicazioni omogenee neppure all’interno del medesimo Tribunale di Rimini.

06.11.2015                                                 Avv. Cristian Brighi