Rapina in villa, assolto dopo 5 anni

RISCHIAVA SEI ANNI DI RECLUSIONE

Rapina in villa, dopo 4 mesi di carcere e 4 anni sotto processo viene assolto

di Lamberto Abbati     mer 29 giu 2022 RiminiNews

La notte del 31 maggio 2017 un banda di rapinatori, quattro uomini incappucciati e armati di trapano e cacciavite, fece irruzione all’interno di una villa a Santa Giustina e minacciò un’intera famiglia, composta da moglie, marito e due figli di 20 anni (un maschio e una femmina). I membri della famiglia furono svegliati e trascinati all’interno della stessa camera. I banditi nel frattempo misero a soqquadro la casa racimolando un bottino di 6-700 euro in contanti. La figlia, che aveva accennato una reazione istintiva, fu malmenata e colpita alla testa. Poi l’avvertimento di non dare l’allarme alle forze dell’ordine fino all’alba, il successivo furto dei cellulari e infine la fuga con il suv del padrone di casa. Ad allertare la polizia fu la nonna, che abitava al piano sottostante, richiamata dalle grida dei familiari.

Le indagini furono affidate alla Squadra Mobile di Rimini, che poco tempo dopo arrestò uno dei presunti componenti della banda attraverso il riconoscimento fotografico su precisa indicazione delle vittime. L’uomo, fermato per rapina pluriaggravata in concorso e lesioni, era un partenopeo di 33 anni, residente a Rimini, con alle spalle piccoli precedenti. Dopo quattro mesi di carcere e quattro anni di processo, il presunto rapinatore, che oggi lavora come facchino, è stato assolto dal tribunale di Rimini perché il fatto non sussiste.

Il suo difensore, l’avvocato Cristian Brighi, è riuscito a smontare le accuse a suo carico, evidenziando una serie di incongruenze e contraddizioni. La prima tra tutte riguardante l’altezza dell’uomo, che secondo le vittime era di circa un metro e ottanta centimetri, mentre l’imputato non supera il metro e sessanta. La seconda si riferiva alla nazionalità: stando al racconto di padre e figli, i rapinatori parlavano albanese, lingua sconosciuta all’oggi 38enne, che si esprime spesso e volentieri nemmeno in italiano ma in dialetto napoletano. Infine le vittime si sarebbero contraddette circa gli indumenti indossati dalla banda: i componenti agirono tutti e quattro con il volto coperto da un passamontagna – dichiararono in un primo momento – salvo poi correggere il tiro e affermare che in realtà l’imputato era l’unico che indossava un cappellino con la visiera calata sul volto.

Pesante la richiesta del pubblico ministero Luigi Sgambati, che aveva chiesto una condanna a 6 anni di reclusione. Questa mattina, invece, per l’imputato è arrivata l’assoluzione con formula piena.